Anche quest’anno a #EurovisionSongContest2021 vengono imposti artisti obesi.
Con tanti cantanti bravi non è comprensibile la scelta, certamente non casuale, di selezionare quelli affetti da obesità. Proporre modelli sbagliati in queste manifestazioni non è etico e dovrebbe essere vietato dal regolamento perché diseducativo. Tuttavia, siccome fare apologia delle minoranze è una moda che veicola consensi e audience, la scelta populista del grasso in TV a tutti i costi viene preferita a discapito dei gravi risvolti sociali da essa derivanti. Si pensi, per esempio, a quante ragazzine guardando cantanti obese penseranno che essere obesi sia normale.
Accettarsi per quello che si è e piacersi? Va benissimo, a patto che, poi, una bambina, subendo il bombardamento mediatico che equipara grassezza a bellezza, non arrivi a mangiare in maniera errata persuasa dall’equazione “obesità uguale a bellezza”.
Dovrebbe essere chiaro, soprattutto per la fascia più giovane, mentalmente e culturalmente meno strutturata, l’avvertimento che nessuno dovrebbe ridursi a diventare obeso, non per un capriccio estetico ma per questioni di salute. Il rispetto passa proprio dal riconoscere le patologie in quanto tali senza confonderle con espressioni di diversità. I disturbi alimentari non vanno, pertanto, elevati a modello alternativo di bellezza e felicità, soprattutto se si tratta di programmi televisivi a target giovanile.
Sono decenni che l’anoressia è stigmatizzata e bandita dalla TV e dalle passarelle! Il pendolo del marketing, della comunicazione paradossale, della ricerca dell’effetto, ha concluso una sua oscillazione e dall’esaltazione dell’anoressia come modello di stile ed eleganza propone ora l’obesità come icona di bellezza. Magnificare l’esemplare di donna obesa si è oggi di fatto sostituito all’esaltazione dell’anoressia, che insieme alla bulimia costituiscono oggettivamente delle malattie e dei modelli improponibili. Purtroppo, però, il politically correct osta attualmente a molte persone di riconoscere anche nel grasso una patologia altrettanto deprecabile. Il pericolo che si corre prendendo a riferimento un modello estetico eccessivamente nichilista è lo stesso di quando se ne prende uno eccessivamente edonista.
Siamo arrivati a una strana contraddizione: la libertà di scelta tanto agognata può esistere solo fino a quando si rimane in un preciso stereotipo.
L’aspetto realmente discriminante nei confronti dell’obesità è che questi casi umani vengono proposti come fenomeni da baraccone proprio senza rispetto per la malattia stessa e con l’intento di veicolare il buonismo che si tenta di imporre, speculando e lucrando. Bisognerebbe, invece, incentivarli a curarsi. Dannoso è far passare l’ingiusto messaggio di una persona grassa felice, anziché quello corretto, ovvero che i disturbi alimentari vanno risolti (laddove possibile) e non accettati.
Qualche strenuo difensore delle minoranze potrebbe ribattere, ingiustamente, che lo spettacolo non ha a che fare col peso, soprattutto in manifestazioni artistiche. Non è così: lo spettacolo è arte, è bellezza, è armonia ed è castrante sentire una bella voce proveniente da un artista grasso. Ciò non rappresenta una discriminazione, ma un legittimo riconoscimento della bellezza.
Se l’intelligenza fa senz’altro la differenza nelle persone è però la bellezza a costituire statisticamente una chiave d’accesso, soprattutto per le donne ed è giusto che sia così: la bellezza va sempre premiata. Tutte le donne che si amano, si curano e rispettano il proprio corpo: solo così saranno belle!
I grassi potranno beneficiare di pari opportunità nel concorso alle Poste o al Comune ma non in TV, non in un concorso artistico dove l’estetica è parte inevitabile di una performance.
Il pericolo di rimanere incastrati nell’etichetta di “grasso è bello” in quanto inclusiva è una delle falle principali della dittatura delle minoranze. Una lotta per distruggere i rigidi schemi costruiti negli anni passati ci porta a disegnarne altri, mascherati da libertà.
I grassi fingono un’accettazione di se stessi mai sincera, perché nessuno potrebbe andar davvero fiero di certe dimensioni, tranne quelli che si sono già arresi.
L’inganno dell’essere veri per forza, del tutto politicamente corretto e contemporaneo, è una bugia costruita a danno del corpo di persone infelici.
Questo articolo è tratto da:
Il golpe del politicamente coretto, un libro di Francesco Mangiacapra
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